Marco Marchetti, Geologo e Segretario generale FSN
Il giorno 11 marzo del 2011 un sisma di Magnitudo 9, localizzato a largo delle coste Nord-orientali del Giappone provoca un violento tsunami con onde alte oltre 10 metri che si abbattono sulle coste giapponesi. I danni sono impressionanti: 15000 morti, 5000 dispersi, 130000 sfollati, 300000 edifici distrutti. Poi Fukushima.
La centrale nucleare di Fukushima viene investita in pieno dalle ondate, le barriere erette a protezione, alte 5 metri vengono superate. I sistemi di sicurezza della moderna centrale, al rilevare la scossa sismica, posizionano barre di controllo per bloccare la reazione di fissione nucleare, motore della centrale. Le barre di controllo impediscono il funzionamento dei reattori. I generatori di corrente di cui è chiaramente fornita la centrale (il maremoto ha fatto saltare la alimentazione elettrica) funzionano, ma solo per un periodo troppo breve di tempo. Il sistema di raffreddamento della centrale che serve per smaltire il calore residuo prodotto dalla reazione di fissione nucleare va quindi in tilt. Una serie di reazioni a catena originatesi tutte a seguito dell'assenza di raffreddamento (solo in minima parte continuato grazie a idranti e getti da elicotteri) provocano esplosioni ed infine la fusione dei noccioli 1, 2 e 3 della centrale. Vengono rilasciati elementi radioattivi (iodio, cesio, cobalto, ecc.).
Nella storia della produzione di energia da nucleare, fu questo il secondo incidente in ordine di gravità dopo Chernobyl.
Da allora grandi quantità di acque di mare furono impiegate per cercare di raffreddare i noccioli fusi. Le acque impiegate, a contatto con il materiale radioattivo, si sono caricate di radionuclidi (cesio137, trizio, ecc.). Queste acque sono state chiaramente trattenute in vasche di contenimento. Ad oggi si contano circa 1000 vasche con una quantità di acqua contaminata immagazzinata di 1,2 milioni di metri cubi complessivi. Con apposite procedure il cesio137 e gli altri radionuclidi sono stati filtrati. Non il trizio. il trizio è un isotopo dell'idrogeno. Gli atomi di idrogeno si uniscono a quelli di ossigeno per formare la molecola dell'acqua (H2O). Quindi, il trizio è entrato nelle molecole di acqua, non è possibile alcun processo di filtraggio. Sfruttando la differente temperatura di ebollizione dell'acqua "triziata" rispetto all'acqua normale, si potrebbe operare una discreta separazione. Certo, fare bollire 1,2 milioni di metri cubi di acqua non è uno scherzo. Cosa si pensa di fare allora dell'acqua "triziata" contenuta nelle 1000 vasche?
Diamo uno sguardo ai numeri.
La quantità complessiva di trizio è stimata in pochi grammi (2/3). In 1,2 milioni di metri cubi di acqua si trova quindi una quantità di acqua "triziata" di 20 grammi circa. Una tazzina da caffè. La radioattività da trizio dell'acqua immagazzinata è di 700000 baquerelle per litro. Il limite di radioattività da trizio delle acque potabili imposto dall'OMS è di 10000 baquerelle per litro. Quindi l'acqua contaminata ha un limite di 70 volte circa quello imposto dall'OMS. Le autorità giapponesi, in accordo e con il controllo della AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica - opera sotto il controllo di ONU) e di altre Organizzazioni internazionali per l'energia nucleare, prevedono di diluire di 500 volte l'acqua contaminata (si andrebbe quindi di 7 volte sotto i limiti imposti dall'OMS per le acque destinate al consumo umano) e di sversarla a largo nell'Oceano Pacifico in un periodo di circa 20 anni, a partire dal 2023.
Perché 2023? Perché il trizio ha un periodo di dimezzamento (emivita) di 12 anni. Ogni 12 anni cioè la radioattività da trizio di un qualunque contaminato si riduce della metà. Con l’incidente avvenuto nel 2011 più i 12 anni del dimezzamento, si arriva al 2023. Questi i numeri, per sommi capi, ma corretti per potere farsi un'opinione.
Alcune associazioni ed organizzazioni ambientaliste (tipo Greenpeace) si oppongono a questo. Cosa propongono? Fondamentalmente di aspettare. Dicono di aspettare tempi migliori. Sperano in futuro prossimo - quanto più prossimo - nel quale saranno disponibili nuove tecnologie, ad oggi sconosciute, capaci di risolvere il problema senza sversamento.
I numeri non danno ragione a chi si oppone allo sversamento. Pescatori giapponesi, coreani, cinesi sono convinti del danno, almeno d'immagine, che questo provocherà al loro pescato. Certo l'opinione pubblica potrebbe essere con loro. Quanti di noi al sentire di acqua radioattiva riversata nell'Oceano Pacifico non rabbrividiscono? Nel leggere i numeri siamo ancora della stessa opinione? Nel Pacifico sarà immessa acqua, con un contenuto di trizio 7 volte inferiori ai limiti, non in un istante. In 20 anni. A largo delle coste per far sì che le correnti oceaniche disperdano ulteriormente quanto introdotto. Purtroppo il danno c'è stato. Nel 2011 una centrale nucleare è andata in crisi, una centrale moderna, in un paese moderno, tecnologicamente avanzato, moralmente integerrimo, ma è andata in crisi. Forse su questo ci si potrebbe porre interrogativi. Forse dovremmo dare un colore e un valore (ed un prezzo) all'energia che consumiamo e anche accettarne o quantomeno valutarne le implicazioni che questo comporta.
Eticamente è "tollerabile" considerare sempre e per ogni nostra disgrazia l'ambiente come pattumiera, capace di ingoiare e smaltire tutto? Per quanto riguarda Fukushima ed il suo fardello di acqua contaminata è chiaramente così. I numeri sono impietosi rispetto ad ogni possibile divergenza su questo. Ma moralmente, si potrà sempre continuare così? Per quanto e per quante volte ancora potremmo essere fortunati da una parte, ma arroganti e spavaldi dall'altra? Non esiste un pozzo senza fondo.