La Scuola italiana si dibatte da molti anni in una crisi sistemica, di identità, che nel 2020 è stata aggravata dalla pandemia Covid – 19; per la verità la situazione generata dalla pandemia può esser definita, perlomeno per gli aspetti più eclatanti, una tragicommedia: penso, nei mesi scorsi, alla vera “muina” dei banchi a rotelle, ridicolo spreco di pubblico denaro ed al tira e molla sulla riapertura, giocato nel Consiglio dei Ministri ultimo: si apre, per le superiori, il 7, no il 18 …facciamo l’11; poi le Regioni fanno ognuna un calendario … spettacolo indecoroso, sulla pelle degli alunni, delle famiglie, dei dirigenti e docenti, dell’intera società, che, temiamo, sarà destinato a proseguire.
La pandemia, con la chiusura della Scuola in presenza, ha posto poi la questione di chi va a scuola: bambini delle materne e delle elementari (salvo poi a casa o intera scuola a fronte di qualche, ragazzetto della media (volutamente usiamo termini correnti e non quelli del preziosismo burocratico: infanzia, primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado) ed anche su questo si è caduti e si cade in “stramberie”: vanno quelli della terza media; poi quelli della prima, a casa quelli della seconda. Si riapre per gli studenti delle superiori …per tutti…per il 75% …per il 50% non si capisce come perché e si scarica la responsabilità sui dirigenti scolastici, per i quali prevale l’antico titolo di presidi; non si apre per mancanza di trasporti … (piedibus e ciclobus erano pratiche diffuse in tempi normali ed ora dimenticate). Insomma una situazione fatta di diatribe politiche e di contrapposizione fra governo centrale e Governatori regionali, che ricorda il teatrino delle marionette, ove prevale la bastonatura …
In questa situazione, tragica e comica al contempo, che evidenzia una complessiva incapacità di governo, nella quale qui non entro, si innesta una questione cogente: quella della DAD –didattica a distanza– che contiene la seria questione, sistemica, delle NTE –nuove tecnologie educative, meglio nuove tecnologie per l’educazione– e del profilo professionale dei docenti che la NTE, in pandemia la DAD, comportano.
Nel profilo professionale docente occorre, per la verità distinguere quello relativo ai docenti di Scuola per l’Infanzia e di Scuola Primaria e quello dei docenti Scuola Secondaria, sia di Primo che di Secondo Grado.
Il profilo professionale di chi opera nella Scuole per l’Infanzia e Primaria ha dismesso, sta dismettendo, quello del docente speaker , nel mentre nella Secondaria, per i due gradi, prevale ancora il profilo dello speaker legato alla materia.
Le NTE impongono, se correttamente fruite, una connotazione professionale di “Scienza ed Arte dell’Insegnamento”, come diceva Skinner, che trasforma la professionalità docente, fondandola sia su competenze disciplinari che su quelle psicopedagogiche e metodologiche-didattiche e “digitali”, trasformando il docente da speaker in actors, capace di operare in team teaching, per un insegnamento che, fornite agli alunni le capacità disciplinari di base, operi per progetti multidisciplinari miranti a produrre, accanto a specifiche competenze, la capacità di “imparare ad imparare”, criticità e creatività, per formare un cittadino e non quell’Emilio che “non importa sia libero che basta si creda libero”, di cui diceva Rousseau.
Certo la questione è complessa e si potrebbe pensare poco cogente in un momento emergenziale come questo, ove ci si trova nella situazione schizogenica Scuola in Presenza o DAD, o un po’ dell’una e dell’altra.
Il dilemma è in gran parte falso poiché DAD o Presenza sono connotate dalla professionalità docente: parole gesso e lavagna -questi ultimi sostituiti da LAV, PC, Tablet- nella Scuola della lezione e dei compiti a casa.
La Scuola in presenza, per la quale dobbiamo batterci, comunque contiene quegli elementi di socialità e interazione concreta, che la socialità virtuale non ha. Insomma la questione di fondo, anche nell’emergenza, sono convinto sia quello delle sempre maggiori competenze che si richiedono oggi a docenti e dirigenti scolastici (anche ai ministri), per poter passare da una Scuola, tradizionale ma efficiente, ad una Scuola nuova, formativa e istruttiva, insomma un salto di qualità, una vera rivoluzione copernicana nell’educazione che sembra, purtroppo, lontana.
Certo si è compreso che la Scuola “ di una volta” non regge alle sfide di un futuro già cominciato e, non potendo dar vita al una Scuola “nuova”, ci si è adattati ad una Scuola ove le asticelle si sono tutte abbassate (todos caballeros); una Scuola che, in presenza o DAD o con entrambe, non riesce a produrre, salvo fortunate eccezioni, Cittadini (la C maiuscola è voluta) ci accontentiamo di “Emilio che si crede libero”.
Questa situazione ha complesse motivazioni estrinseche, esterne cioè al mondo della Scuola, e che afferiscono, specie in Occidente, ad una società che ha perso la propria identità per accontentarsi di un fragile-pandemia insegnando– benessere consumistico, di un superficiale meticciato culturale, di permissivismo gabellato con progresso.
Situazioni simili che, ciclicamente nella Storia, si sono presentate e superate, purtroppo, con guerre e pandemie … Però vi sono anche motivazioni intrinseche al sistema Scuola e alla politica –della/sulla/per la – Scuola che meritano di esser evidenziate, con il coraggio di Pierino che dice “ il re è nudo”!
Proverò a dirne in una prossima occasione.
Roberto Leoni