05 Aprile 2016
Con favore e addirittura con entusiasmo, oltre che con il dovuto rispetto, ho accolto il 18 marzo le dichiarazioni del Segretario Generale della CEI mons. Galantino : “Gli slogan non funzionano… Bisogna piuttosto coinvolgere la gente ad interessarsi alle questioni… Creare confronto e dibattito intorno al referendum del 17 marzo… La Chiesa non è pregiudizialmente “né per il sì né per il no”. Quale migliore seguito alla grande riflessione sulle tematiche dell’ambiente e dell’ecologia integrale sollecitata a tutti gli abitanti del creato indipendentemente dalla religione, razza o cultura di ognuno, dall’Enciclica Laudato Sì di papa Francesco?
Con stupore e disorientamento ho letto, solo dieci giorni dopo, che 80 vescovi italiani (ma non mi è stato possibile rintracciarne l’elenco) stavano organizzando un viaggio dei propri fedeli verso piazza San Pietro per manifestare la volontà di dire sì al quesito referendario.
Ed il dibattito? Il confronto? Il coinvolgimento della gente? Io avrei partecipato volentieri a qualsiasi iniziativa di approfondimento di cui avessi potuto avere notizia sugli organi di informazione o anche soltanto con annunci nella mia Parrocchia. Ritengo quindi doveroso, per poter prendere una posizione che deve essere di coscienza e di intelligenza, fare il punto sulla questione.
I promotori del referendum c.d. delle trivelle, chiedono ai cittadini se sono favorevoli ad abrogare la possibilità di prorogare la durata delle concessioni trentennali per la trivellazione entro le 12 miglia marine, fino all’esaurimento dei giacimenti interessati. Per capire il quesito, occorre fare alcune precisazioni:
- la Legge di Stabilità 2016 vieta da oggi in poi il rilascio di concessioni per la trivellazione entro le 12 miglia marine. Decisione che mi appare decisamente lungimirante per la salvaguardia dell’ambiente: se ne dovrebbe tener conto nel valutare la norma, che si vuole abrogare, che consente invece la proroga, peraltro dopo ottenimento di apposita VIA (valutazione di impatto ambientale) niente affatto scontata.
- si vuole abrogare la possibilità di continuare lo sfruttamento dei giacimenti di gas o petrolio (per le coste italiane si tratta in grande maggioranza di gas) dopo la scadenza della concessione trentennale, qualora il giacimento stesso non fosse esaurito. Anche ad un profano del settore dovrebbe apparire chiaro quanto può essere difficoltoso bloccare con un tappo di cemento la fuoriuscita del gas o del petrolio ancora presenti in un giacimento perforato, con grandi e concreti rischi di inquinamento del mare circostante e con una insensata perdita di risorse ancora di facile utilizzo.
- il quesito riguarda gli impianti già esistenti ed in esercizio con tecnologie ben sperimentate e controllate, entro le 12 miglia marine, la confusa propaganda per sollecitare un sì emotivo non ricorda che purtroppo tutto è invece possibile, e senza gli stringenti vincoli delle leggi italiane, a sole 13 miglia marine, cioè appena superato il limite delle acque territoriali.
- si ricorre all’argomento del danno per il turismo: ma si tratta di impianti operanti da decenni e comunque destinati ad una chiusura più o meno prossima; non mi risulta che i flussi turistici ne abbiano risentito negativamente, basti solo l’esempio di Ravenna, il cui territorio è il più interessato al problema per densità di giacimenti in esercizio, e tuttavia con un incoming turistico sempre florido ed in crescita.
- si chiede che in alternativa vengano privilegiate le fonti alternative di energia. Non saranno certo le eventuali proroghe date per prosciugare giacimenti già in sfruttamento a frenare quella che è una scelta già fatta nel nostro Paese: lo dimostra il fatto che in Italia sono in grande crescita da qualche anno, anche grazie ai generosi incentivi pubblici, i quantitativi prodotti da fonti energetiche alternative o rinnovabili, che però non possono ad oggi soddisfare i bisogni energetici complessivi, e comunque hanno bisogno di tempo per entrare in produzione, anche per i mostruosi ritardi ed ostacoli provocati dai numerosi comitati locali contro l’eolico, il fotovoltaico, il geotermico etc etc.
Ragionando su tutto questo, mi sono convinto di dover andare a partecipare al Referendum del 17 marzo e votare, preciso che si tratta di scelta individuale che non vuol influenzare nessuno, per il NO all’abrogazione. Al contempo sono convinto che resti tanto da fare, anche con l’aiuto e lo stimolo dei Vescovi, per diffondere una generale cultura del risparmio energetico, di un migliore utilizzo di tutte le risorse naturali, del rispetto integrale della natura da parte degli individui, delle comunità, delle imprese, di un urgente cambio dello stile di vita e del modello di sviluppo. Indipendentemente dal raggiungimento del quorum il 17 marzo e dall’esito del Referendum. Per tutto questo si impegna, tra gli altri, la Fondazione Sorella Natura.
Umberto Laurenti
Segretario Generale FSN